lunedì 21 marzo 2011

Il discorso del re



Non esitiamo mai quando parliamo con noi stessi, non ci sentiamo impietriti nel dialogo interiore che accompagna le nostre ore di solitudine... eppure qualcosa accade quando, innanzi all'altro,  ci sentiamo smarriti e perdiamo completamente la sicurezza delle nostre parole e delle nostre certezze.

I discorsi li portiamo sempre dentro di noi ma non è lo stesso renderne gli altri partecipi.
Accade quindi che qualcosa improvvisamente si blocchi e che la tua anima provi a lottare ineluttabilmente contro un flusso di incertezze che smarriscono la logica del tuo pensiero.

Vorresti gettarti in terra tra le tue ginocchia e gridare, B-a-l-b-e-t-t-a-r-e, la tua paura, la tua ansia.... la tua voglia di tacere per sempre.... sssseempre.
Come coltelli ben appuntiti gli occhi impietositi di chi ti sta innanzi feriscono la tua anima che scalcia e non ti resta altro da fare che chiudere gli occhi, o meglio la tua bocca per sempre.
E così rischi di restare in silenzio a vedere la vita trascorrere mentre tutti lottano per affermare le proprie parole, quello stesso insieme di lettere che anche tu senti scalpitare dentro al tuo petto, alla tua gola su su su fino alle tue corde vocali che improvvisamente non rispondono alla tua volontà e perdono l'incantevole suono che vorrebbe dolcemente accompagnarle.

Questo il disagio di chi, lontano dalla folla della normalità, prova a padroneggiare i propri difetti del linguaggio.
Nella tua testa tutto è perfettamente identico alla normalità, al consueto parlare ma qualcosa dentro non produce il risultato atteso e conforme.
Una copia non conforme del consueto dialogare fluisce all'esterno del tuo corpo che disattende ogni desiderio innato di conformarsi alla regola. 
Smarrimento, desolazione e rassegnazione è tutto ciò che resta.

Non c'era scampo per Bertie, perchè lui ormai era il Re e al contrario di molti di noi non aveva più il diritto legittimo di restare nel proprio auto-colpevolizzante silenzio in cui spesso preferiamo nasconderci. 
Ma quale voce poteva usare se ancora non era riuscito a trovare la sua?
Lui doveva parlare al suo popolo alla vigilia del II conflitto mondiale, perchè nella sua epoca l'immagine ancora risiedeva prepotentemente dieci passi indietro all'oratoria che veniva diffusa alla Nazione via etere e tutto ciò che veniva percepito non era un'estetica della bellezza, ma un'armonia del suono e del silenzio, delle parole e delle pause riflettute.

Una amara commedia umana, perfettamente in equilibrio tra ironia e soffusa malinconia, quella del regista Tom Hooper che ha saputo egregiamente riportare sul palcoscenico cinematografico la storia, trasmettando i disagi dei suoi protagonisti e la forza di chi, attraverso metodi anticonformisti, riesce a ridare sicurezza ad un re, che poi è anche e prima di tutto un uomo, unendoci nell'universale riconoscimento del valore e della dignità che ogni singola/singolare voce porta con sè.